Interessante il rapporto ANAAO-ASSOMED pubblicato di recente, che alleghiamo, che lancia un grido d’allarme sulla carenza di specialisti che abbiamo ma che sopratutto avremo tra pochi anni e che metterá in ginocchio il nostro quarantenne SSN se non saranno presi dei provvedimenti seri.
La Legge Finanziaria 2007 e le politiche sanitarie degli ultimi decenni hanno dato come inevitabile conseguenza il mancato adeguamento degli organici ospedalieri.
Va ricordato il totale fallimento della programmazione del numero di specialisti per regione e disciplina.
Nei prossimi anni mediamente si laureeranno circa 10.000 medici ogni anno, ma il numero di contratti di formazione post laurea, che solo nel 2018 è arrivato a circa 7.000, è da tempo insufficiente a coprire la richiesta di specialisti e di percorsi formativi rispetto al numero di laureati e rispetto alle esigenze assistenziali SSN. Si è determinato un “imbuto formativo”, che nel tempo ha ingabbiato in un limbo circa 10.000 giovani medici, che aumenteranno nei prossimi 5 anni fino ad oltre 20.000 senza un forte incremento dei contratti di formazione specialistica.
Assistiamo al fenomeno di tanti giovani medici laureati destinati a ritentare l’ammissione alle scuole di specialità l’anno successivo o a emigrare, cosí regalando ad altre nazioni, in particolare Regno Unito, Germania, Svizzera e Francia, l’investimento per la loro formazione scolastica ed universitaria.
Effetto pensionamenti. La messa in pensione di personale medico dalle strutture del SSN si prospetta in netto peggioramento, sia per il superamento del famoso scalone introdotto dalla riforma Fornero, e sia ora per la cosiddetta “quota 100” che prevede il pensionamento anticipato con 62 anni di età e 38 di contributi.
Attualmente i dirigenti medici escono dal sistema con una età media di 65 anni. La curva dei pensionamenti raggiungerà il suo culmine tra il 2019 e il 2022 con uscite valutabili intorno a 6000/7000 ogni anno. Siamo di fronte, infatti, ad una popolazione professionale particolarmente invecchiata per il blocco del turnover degli anni precedenti. L’emorragia di medici raggiungerà la cifra di circa 52.000 unità entro il 2025.
Incrociamo poi una previsione dei possibili pensionamenti di specialisti attivi nel SSN al 2025 con la proiezione del numero di specialisti che, a programmazione invariata, potrebbero uscire dalle scuole universitarie nei prossimi otto anni, stimando che solo il 75% degli specialisti formati scelga di lavorare per il SSN (fonte: rapporto FIASO 2018). Proiettando al 2025 il numero di specialisti che potrebbero uscire dalle scuole di specializzazione, considerato il numero totale di medici specialisti attivi nel SSN (n°=105.310) e stimando i pensionamenti dal 2018 al 2025 in 52.500 unità, il risultato finale è una carenza di circa 16.500 specialisti.
Si evince che la gran parte delle discipline andranno in carenza grave di specialisti.
Aggiungiamo pure il fenomeno delle auto dimissioni dagli incarichi ospedalieri per il peggioramento delle condizioni di lavoro, con aumento dei carichi, associato anche al mancato rispetto della normativa europea sui riposi ed alimentato da un sentimento di sfiducia e di demotivazione per cui numerosi medici specialisti lasciano gli ospedali pubblici in favore del privato o di lavori alternativi sul territorio considerati piú remunerativi. In alcune regioni circa il 10% degli specialisti ospedalieri si dimettono annualmente, in particolare di Anestesia e Rianimazione, di Ortopedia, di Pronto soccorso e di Pediatria/Neonatologia.
A questo aggiungiamo pure la carenza di vocazioni verso determinate branche specialistiche, sopratutto chirurgiche, come rilevato dal recente censimento ALS (Associazione Liberi Specializzandi), relativo ai contratti di formazione specialistica assegnati all’ottavo scaglione 2018, pubblicate lo scorso ottobre. Da tali dati risulta evidente come, al momento del censimento, dopo il primo scorrimento della graduatoria, alcune specialità chirurgiche risultino scarsamente appetibili, come ad esempio chirurgia toracica (assegnate il 15,1% delle borse), chirurgia generale (assegnato il 31%), chirurgia vascolare (assegnato il 34,4%) e ortopedia e traumatologia (assegnato il 47,2%), Anche per quanto riguarda le specialità legate all’emergenza urgenza va registrata una bassa attrattività: medicina d’urgenza riportava infatti una percentuale di assegnazione del 32,8% e anestesia e rianimazione del 40,2%. Risultavano invece da tempo saturati al 100% i posti in chirurgia plastica, dermatologia, oculistica, endocrinologia, pediatria, oftalmologia e cardiologia, discipline che aprono sbocchi di carriera anche sul territorio e nel privato, con prospettiva di maggior guadagno e di una migliore qualità di vita.
Quali rimedi sono possibili o immaginabili?
La Legge di Bilancio per il 2019 prevede la partecipazione degli specializzandi dell’ultimo anno a concorsi per dirigenti medici del SSN. Ci sembra comunque pochino obiettivamente. Sarebbe comunque auspicabile una previsione più esplicita di assunzione in servizio a tempo determinato degli specializzandi, anche prima del conseguimento del titolo. Ma, soprattutto, manca nella legge appena approvata dal Parlamento una decisa svolta nelle politiche assunzionali che superi l’anacronistico blocco introdotto con la Legge Finanziaria 2006. Anche l’incremento previsto del numero dei contratti di formazione, circa 900 a partire dal 2019, è largamente insufficiente per ridurre il deficit di specialisti che ci attende nell’immediato futuro.
Ma il dramma é anche la carenza di medici specialisti pronti sul mercato anche in presenza di uno sblocco del turnover. E’ necessario, pertanto, non solo sbloccare il turnover ma incrementare anche il finanziamento per un maggior numero di borse di studio per le scuole di specializzazione e per nuove assunzioni, considerando anche i diversi miliardi di risparmi effettuati dalle Regioni nell’ultimo decennio per le politiche di restrizione.
Per quanto attiene la formazione post laurea, oltre ad incrementare ad almeno 9500/10.000 i contratti annuali, è arrivato il momento di una riforma globale passando ad un contratto di formazione/lavoro da svolgere fin dal primo anno di specializzazione in una rete di ospedali di insegnamento in modo da mettere a disposizione degli specializzandi l’immensa casistica e il patrimonio culturale e professionale del SSN.
Occorre apportare modifiche sostanziali all’impianto legislativo del D.lgs. 368/99 in cui risulti evidente una compartecipazione equa tra Università e Ospedali del SSN nel percorso formativo e nel controllo della qualità dello stesso.
Queste sopra riportate sono le principali stime, considerazioni e ricette espresse da ANAAO-ASSOMED che ci sentiamo di sottolineare e sottoscrivere in pieno.